Cosa accade al nostro cervello una volta che il cuore ha smesso di battere? Ecco una scoperta che lascia tutti senza parole.
Da sempre gli uomini si chiedono cosa accadrà dopo la morte e se ci sarà una seconda vita che ci aspetta. Anche se per ora gli scienziati ancora non sono stati in grado di dare una risposta a questa domanda, nell’ultimo periodo si è stati in grado di scoprire che il passaggio dalla vita alla morte è molto più complesso di ciò che si credeva.
In base a ciò che afferma Science Alert, pare che il cervello umano continua a funzionare per molto tempo anche dopo la morte, un’affermazione in cui si è certi che si possono conservare alcuni attimi di consapevolezza anche per lunghi minuti.
Già nel 1700 si cercava di ragionare sulla coscienza dopo la morte. All’epoca lo scienziato Antoine Lavoisier, il quale fu condannato a morte con la ghigliottina, il quale diede un incarico al suo assistente che doveva contare quante volte la sua testa decapitata continuasse a lanciare pulsazioni dopo che era stata staccata dal corpo.
Cosa accade al cervello dopo la morte
Secondo la leggenda, l’assistente riuscì a contare un totale di 20 pulsazioni. Una delle ultime ricerche invece ha scoperto che una volta che il cuore ha smesso di battere, il cervello continua ad inviare dei segnali interni per alcuni secondi.
Lo studio fatto dalla New York University Grossmann School of Medicine, ha impegnato le proprie risorse continuando su un’indagine precedente, il cui compito era quello di esplorare le esperienze e i ricordi dei pazienti che erano stati sottoposti a rianimazione cardiopolmonare.
Attraverso uno studio pilota era previsto il monitoraggio delle attività dell’elettroencefalogramma nel corso della rianimazione cardiopolmonare, andando ad offrire uno sguardo sulla diminuzione di coscienza di coloro che si trovano in quell’attimo tra la vita e la morte. 567 sono stati i pazienti selezionati per lo studio di cui soltanto 213 sono stati in grado di riprendere il battito.
Ma ciò che allarma di più è il fatto che 53 dei soggetti presi in questione sono stati in grado di sopravvivere fino alla dimissione, mentre soltanto 28 erano stati considerati abbastanza sani da prendere parte ad interviste follow up, andando a ricordare l’esperienza nel corso della morte.
Uno studio più recente è stato fatto da Sam Parna il quale, sfruttando un’applicazione, hanno cercato di captare i segni di consapevolezza all’interno dei pazienti sottoposti a rianimazione cardiopolmonare anche se all’apparenza non davano nessun segno di reazione. Molto interessante è notare che 28 pazienti che sono riusciti a sopravvivere hanno ricordato le immagini presenti sul tablet oppure i suoni delle cuffie.
Inoltre coloro che sono riusciti a sopravvivere, avevano anche dei ricordi frammentati della rianimazione tra cui anche alcune sensazioni come la percezione uditiva delle voci dei medici che stavano cercando di rianimarlo insieme alle compressioni toraciche. Inoltre, attraverso il monitoraggio temporale, si è confermato anche che, anche se l’attività cardiaca era compromessa, quella neurologica veniva mantenuta.
Nonostante tutte queste ricerche, la morte risulta essere ancora un mistero. Anche se per ora ancora non si sa cosa accade una volta morti, alcuni studi ci spingono ad avere molte più informazioni riguardo a quel momento in cui ci si trova sul confine tra vita e morte.